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lunedì 23 gennaio 2017

ALLA VIGILIA DELLA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ITALICUM LA POSSIBILE RESA DEI CONTI COL RENZISMO



E siamo arrivati così finalmente al 23 gennaio, la vigilia della data di udienza che dovrebbe chiudere il discorso sulla legittimità costituzionale dell’Italicum,la legge elettorale voluta da Matteo Renzi, avanti alla Corte Costituzionale. Appare chiaro che,se la Corte si saprà attenere alla sua giurisprudenza precedente, in particolare la sentenza n°1/2014, dovremmo assistere alla scomparsa del sistema elettorale maggioritario in Italia e si aprirebbero scenari verso la reintroduzione della rappresentanza proporzionale, mentre, per discostarsi da tale impostazione, dato che la citata sentenza parla di rappresentanza delle minoranze e quant’altro solo il proporzionale potrebbe garantire, la Corte dovrebbe svolgere una sorta di arret congruamente motivato per pronunciarsi diversamente,che, però, dopo il rigetto del quesito referendario della scorsa settimana proposto dai sindacati sul jobs act e che avrebbe potuto portare alla reviviscenza dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori, avrebbe più il sapore di una decisione dettata da ragioni politiche che giuridiche. La conseguenza politica della bocciatura dell’Italicum sarebbe infatti un ulteriore appannamento della leadership renziana all’interno del partito democratico, che rappresenterebbe l’unico cordone ombelicale di maggioranza relativa, e forse sempre più in bilico, con l’Unione Europa in un paese in cui stanno dilagando sempre più il malcontento e le formazioni antieuropeiste e per l’uscita dalla moneta unica. In sintesi una sentenza avversa alla legittimità costituzionale dell’Italicum significherebbe, molto probabilmente, che Matteo Renzi, pur potendo astrattamente rimanere segretario del partito democratico e pur potendo riproporsi per la segreteria al congresso di marzo,non potrebbe verosimilmente riproporre la sua candidatura a premier per le prossime elezioni nazionali con speranza di successo. Infatti, da Emiliano a Cuperlo, ecc. sono sempre più concrete le possibilità alternative anche per la stessa segreteria politica, come anche sembrano sempre più numerose le defezioni o le distanze dal sostegno di altre chances per chi ha già governato ben tre anni senza risolvere i problemi del paese ed anzi spesso aggravandoli (dal fronte del lavoro al fronte della giustizia,ecc. : http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/week-end-da-ko-anche-prodi-grasso-mollano-renzi-459915.html ). La scomparsa del maggioritario e il tramonto del renzismo significherebbero anche probabilmente la fine dell’eredità del Berlusconismo, di cui Renzi è stato designato, a volte non senza ironia, come l’erede più diretto e la reintroduzione della dialettica e del confronto politico vero, vale a dire del ruolo di quell’arte della dialettica e del ruolo delle idee e della parola in luogo dei personalismi e degli affarismi che hanno predominato sulla scena politica italiana degli ultimi trentanni. Difficile, peraltro, ipotizzare che la Consulta possa sconfessare con una sola pronuncia non solo la sua giurisprudenza precedente, ma anche il voto referendario del 4 dicembre scorso con cui gli italiani si sono espressi inequivocabilmente a favore di un recupero di quei valori costituzionali che, contemplando la rappresentanza delle minoranze, non possono che reggersi su principi proporzionali e, tuttavia, la pronuncia sul quesito referendario sul jobs act della scorsa settimana ci ha abituato anche alle sorprese, in quel caso però, bisogna evidenziare, che può aver contato non poco anche il parere o il ruolo delle politiche europee ovvero come esse vengono interpretate a casa nostra sotto il profilo delle pretese liberalizzazioni. Aspettando, pertanto, l’attesa pronuncia, pur ricordando che la Corte Costituzionale viene definita come organo politico-costituzionale e che è chiamata anche a dare una lettura interpretativa attualizzatrice delle norme costituzionali, la cosiddetta Costituzione vivente, raccordandola alle esigenze della società nel preciso momento storico, rimane altrettanto ferma l’idea che il diritto, anche quello costituzionale, non possa ridursi al ruolo di mera appendice o di ombra delle esigenze delle segreterie di partito e ancor più che la giurisprudenza costituzionale, per quanto mutevole, a seconda dei momenti e delle esigenze storiche, debba mantenere un minimo di coerenza (http://www.finoaprovacontraria.it/politicizzazione-magistratura/). Così il principio di non contraddizione ci permette di coltivare ancora una flebile speranza sulle sorti di questo paese, compreso il fatto che, per il congresso di marzo, possano comparire sulla scena politica anche nuove autorevoli candidature, sia alla segreteria che al futuro premierato e, in tale ottica, non è da escludere che gli scenari futuri possano anche condurre ragionevolmente ad una suddivisione delle tempistiche e gradualizzazione delle scelte con le primarie e la partecipazione popolare, cioè,detto in sintesi, nella scelta di una personalità per la segreteria politica del partito democratico, nella fase di marzo, a cui segua, a distanza, la consultazione delle primarie per la candidatura a premier alle prossime elezioni politiche,anche per poter attenuare l’attrito politico e le divisioni interne o pericoli di scissione che un confronto unificato e serrato potrebbe comunque finire per favorire. Nel frattempo i tesserati e simpatizzanti del partito democratico, nel perdurare della segreteria Renzi, sembrano calare progressivamente sempre di più (http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/renzi-ha-distrutto-il-pd-crollo-degli-iscritti-sedi-chiuse-459849.html ), un segnale che sembra parlare da solo e che costituisce un dato certo di fronte al quale ogni possibile dubbio o scrupolo a tutela del renzismo dovrebbe venire meno, come abbiamo sottolineato già in un nostro precedente articolo  (http://gianfrancoferrari2013.blogspot.it/2017/01/insistere-ancora-con-la-candidatura.html).Nel frattempo, sullo sfondo, già emergono le figure alternative di Gianni Cuperlo, l’uomo del dialogo e del confronto, e di Michele Emiliano, il magistrato che si è battuto a viso aperto contro Renzi in occasione della consultazione referendaria contro le trivellazioni, e infine lo stesso governo di Gentiloni e Maria Elena Boschi potrebbe avere le mani più libere e salire di ruolo e apprezzamento se, la smania renziana di andare subìto al voto per tentare,a sua volta, disperatamente di recuperare un ruolo, non  lo tenesse in sospeso con una spada di Damocle sulla testa,consentendo magari l’avanzata di una leadership alternativa anche dalla compagine governativa ed un possibile recupero di consensi intorno al governo e al partito democratico.




venerdì 20 gennaio 2017

L’inaccettabile caso dei terremotati denunciati per abusivismo edilizio per aver installato o realizzato case di legno come alloggiamenti provvisori con qualche riflessione sulle possibili cause dello sciame sismico.

La vicenda dello sciame sismico che affligge da vari mesi l’Italia centrale rischia di generare situazioni paradossali. La notizia è di oggi 20 gennaio 2017, secondo cui alcuni terremotati avrebbero realizzato nelle vicinanze degli immobili di loro proprietà rasi al suolo dal sisma,ma riteniamo comunque a distanza di sicurezza dagli stessi, dei prefabbricati o alloggi in legno, quindi anche con una soluzione potenzialmente antisismica. La Regione Marche, come riporta Italiaoggi (vedi anche: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/installano-casette-legno-cortile-terremotati-denunciati-1353727.html ), sarebbe intervenuta con un messaggio di per sé eloquente: “Si invitano i Comuni interessati dagli eventi sismici ad attenersi alla normativa statale in merito alle soluzioni alloggiative”. A questo punto,come spesso accade nella singolare storia politico-istituzionale di questo paese, può essere sufficiente un generico e laconico messaggio dell’ente tutorio regionale o di autorità politiche, per scatenare le più zelanti iniziative, magari anche in barba al principio dello stato di necessità sancito dall’art.54 del Codice penale, che sancisce una precisa causa di giustificazione nella tradizione dell’antico brocardo romanistico: “Necessitas non habet legem”, anche ai fini dell’assenza degli elementi soggettivi del dolo o della colpa nelle varie fattispecie incriminatrici., magari anche a scapito di popolazioni già vessate dalla mala sorte o dal terremoto e quindi dallo stato di calamità. In sintesi ci sono due aspetti che qui interessano tecnicamente: 1) se la soluzione di fortuna coi prefabbricati in legno o con le costruzioni in legno sul posto non è a rischio ai fini dell’incolumità dei proprietari stessi delle aree (ad esempio costruzioni in legno realizzate a ridosso delle immediate vicinanze di manufatti o case in edilizia convenzionale pericolanti perché colpite dal sisma), ovvero 2) se non si è realizzata con la soluzione in legno l’invasione o sconfinamento in aree altrui, ma questo tecnicamente non è un abuso edilizio, non si capisce perché, in una situazione del genere, con tanto di neve e freddo e quindi di necessità di mettere le famiglie al riparo al caldo, per quanto possibile, non debbano essere le stesse autorità locali, dai sindaci ai prefetti, Regioni comprese, ad adottare ordinanze o altri provvedimenti contingibili e urgenti per fronteggiare la situazione di calamità eccezionale o quantomeno a rispettare i principi sacrosanti dell’art.54 C.P. L’impressione che si ricaverebbe da eventuali iniziative penali per denunce di abusivismo su manufatti in legno posti a distanza di sicurezza da costruzioni pericolanti, in una situazione del genere, sarebbe non solo quella dello zelo dissennato che si accanisce contro la disgrazia già grave del sisma,ma, a voler pensar male, l’idea che siccome c’è il business della ricostruzione sullo sfondo, le soluzioni “fai da te”, potrebbero non apparire gradite a chi ha interesse a far lavorare ditte terze o a speculare sui lavori della ricostruzione, il che sarebbe intollerabile oltre che squallido. Secondo l’articolo del “Giornale.it” per il realizzo o impianto dei manufatti i soggetti interessati dalla singolare vicenda avrebbero dovuto munirsi preventivamente di una certificazione di impatto ambientale o probabilmente di un nulla-osta, dal momento che le aree territoriali interessate rientrano nell’area del parco naturale dei Monti Sibillini, ragion per cui sarebbero zone vincolate ai fini urbanistico-edilizi.Sta di fatto, però, che quando arrivano la neve e il gelo e sono difficili anche gli spostamenti in zone montane, appare ben poco sensato pretendere di passare per adempimenti burocratici e certificazioni, con le tempistiche note della pubblica amministrazione italiana, talchè verrebbe da obiettare che, forse, se non si fosse agito con la dovuta sollecitudine, si sarebbe rischiato di rimanere assiderati in attesa del nulla-osta.  Semmai, quello su cui si dovrebbe discutere e studiare, in un momento come questo, sarebbe proprio il problema delle cause di quello che appare come un fenomeno sismico continuato nel tempo e forse senza precedenti. Un interessante articolo di Luigi Grassìa, pubblicato sulla Stampa già nel 2015 (http://www.lastampa.it/2015/04/15/economia/shell-e-exxon-pagano-per-i-terremoti-da-gas-aVgeR9wkiLyqwpbXEWuQfM/pagina.html ) analizza, con un preciso riferimento a precedenti istituzionali,l’ipotesi del riconoscimento del danno ambientale, che se fosse riscontrata scientificamente nel caso in esame da Amatrice a Montereale corrisponderebbe ad un autentico disastro ambientale aggravato e con tanto di morti e feriti, ascrivibile al fenomeno delle estrazioni di gas metano e petrolio e delle megafrane o sismi di assestamento che possono verificarsi come conseguenza dei vuoti in profondità generati dai fenomeni estrattivi, ipotesi di cui si sentì parlare qualche anno fa anche per i fenomeni del terremoto in Emilia-Romagna. In Olanda, Stato-membro della U.E., le compagnie Shell ed Exxon sarebbero state chiamate dal governo a rifondere un risarcimento record di 1,2 miliardi ad alcuni proprietari di immobili danneggiati da sismi, non paragonabili nemmeno lontanamente a quelli che hanno colpito e continuano a devastare l’Italia, ma che, a seguito di riscontri peritali presumiamo, sarebbero stati ricollegabili ai fenomeni estrattivi. Di qui si sviluppano alcune riflessioni doverose: 1) Non sarebbe il caso, vista l’ubicazione massiva nell’Adriatico delle piattaforme di trivellazione e l’ubicazione dei fenomeni sismici in quella parte corrispondente della dorsale appenninica, di sospendere almeno per un periodo le trivellazioni, per appurare se, con tale pausa, sia verificabile anche un’attenuazione dei fenomeni sismici in quelle zone? 2) Forse sarebbe convenuto a tanti italiani che sono rimasti a casa di recarsi alle urne per le consultazioni referendarie sulle trivellazioni,magari, non dico per sospendere l’attività estrattiva all’epoca, ma almeno per mandare un chiaro messaggio al governo Renzi? 3) Se questa ipotesi, che comincia a girare nel web e nella stampa e che potrebbe avere un ruolo di rilievo in zone sismiche anche solo a livello concausale, dovesse trovare qualche riscontro, e a parere di chi scrive la logica ci porta comunque a dover sospettare qualcosa in tal senso e a dover disporre approfondimenti di indagine, dal momento che, oltre alla dislocazione-concentrazione delle piattaforme di trivellazione sull’Adriatico (vedasi immagine riportata sotto), c’è anche la coincidenza cronologica dell’intensificazione dello sciame sismico e della magnitudo dei terremoti a seguito dell’intensificazione dell’attività estrattiva deliberata e incentivata,a nostro parere in modo poco condivisibile, dal governo Renzi,anziché privilegiare fenomeni di estrazione graduale ripartita nel tempo e uno sfruttamento meno intensivo delle risorse come auspicava il quesito referendario, in definitiva potremmo ritrovarci, tra qualche tempo, a interrogarci su quali siano le le precise responsabilità di Matteo Renzi in tutta questa questione. E’ evidente, infatti, che un parallelismo causale con il caso di Groningen in Olanda analizzato da Luigi Grassìa nel suo articolo, appare tutt’altro che da escludere nel caso di specie, anche se è altrettanto chiaro che sarebbe la magistratura italiana a dover far luce, magari coordinando le varie indagini sui fascicoli già aperti da Rieti ad altre Procure, disponendo approfondimenti peritali e scientifici sulle cause dei sismi e del loro perdurare per un periodo così lungo di tempo. 4) La riflessione più interessante deriva poi dal fatto che l’Italia che, in questo periodo e durante il governo Renzi, si è spesso recata a battere cassa in Europa chiedendo aiuti economici ed elasticità per la ricostruzione post terremoto e per i danni subìti dalle popolazioni terremotate, potrebbe non avere che da responsabilizzare certe politiche qualora si dovessero dimostrare dissennate, sotto il profilo geologico, alla luce di eventuali approfondimenti investigativi, e le compagnìe petrolifere che stanno creando il vuoto con le estrazioni (fenomeno della subsidenza delle masse), alterando gli equilibri ambientali, mentre l’Europa potrebbe rispondere al rampantismo imprenditoriale renzista: “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso!”. Per passare dalla cronaca alla satira,si tratterebbe di un’ipotesi scomoda, se riscontrata, ma pur sempre preferibile alla ricandidatura di Matteo Renzi a premier o anche solo a segretario del Pd… Sta di fatto che,al fatalismo e alla rassegnazione, appaiono sempre preferibili approfondimenti e prevenzione, compresa quella che si può realizzare con le costruzioni in legno antisismiche rispetto a quelle in conglomerato cementizio.









domenica 15 gennaio 2017

INSISTERE ANCORA CON LA CANDIDATURA A PREMIER E LA SEGRETERIA POLITICA DI MATTEO RENZI EQUIVALE A CONSEGNARE IL PAESE NELLE MANI DI BEPPE GRILLO, IL MOVIMENTO CINQUE STELLE E IL FRONTE ANTIEURO, CRONACA DI UN SUICIDIO POLITICO ANNUNCIATO DA PARTE DEL PARTITO DEMOCRATICO.

Si avvicina la data del congresso di marzo del Pd per la nomina del nuovo segretario e probabilmente per la selezione della nuova leadership intesa anche come candidatura a premier per le prossime elezioni nazionali. Da quello che si evince, in una situazione generale di stagnazione politica interna di questo partito, è ancora l’assoluta assenza di valide proposte che possano contrapporsi a Matteo Renzi e dare un’alternativa non solo al partito democratico, ma al paese. Infatti abbiamo poche certezze, ma abbastanza chiare:
1) il partito democratico, come affermato anche da Marianna Madia in un convegno a cui ho potuto assistere personalmente durante l’ultima campagna referendaria, è l’unica formazione politica che garantisce,allo stato dei fatti, in Italia la saldatura all’ancora di salvezza economica dell’euro come moneta e all’Europa come ancora di salvezza dei valori di civiltà democratica e occidentale. 
2)Sbagliare proposta politica sia alla segreteria di questo partito che come candidatura a premier alle prossime elezioni, significa consegnare automaticamente il paese al fronte antieuro,conseguentemente ad un periodo di turbolenze e incertezze economiche e politiche e allo spettacolo caotico recentemente offerto a Roma, con la gestione Raggi, e a livello europeo, con la manovra del fallito passaggio al gruppo dell’Alde, dal movimento cinque stelle.
 3)Le condizioni economiche e finanziarie in cui complessivamente versa il paese da anni, dopo la crisi economica e il disastro di Berlusconi e i fallimenti della gestione Renzi, non lasciano dubbi circa il fatto che si tratterebbe di un salto nel vuoto senza rete di protezione con conseguenze potenzialmente catastrofiche.
 4)Dopo la sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre, il fallimento della politica dei voucher (che vanno rivisti anche a detta dell’attuale autorevole premier Paolo Gentiloni,che sta facendo un ottimo lavoro sia in materia di politica estera che di sicurezza e controllo dell’immigrazione, tentando un recupero di credibilità del paese dopo anni di pessime gestioni) e l’ammissione di alcuni quesiti referendari sul jobs act, la prospettiva di incostituzionalità dell’italicum, legge elettorale voluta da Renzi e che probabilmente andrà direttamente in archivio senza essere mai stata sperimentata, gli ultimi scandali e inchieste che hanno visto coinvolti il ministro Luca Lotti e il padre di Matteo Renzi insieme al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Del Sette (http://www.farodiroma.it/2016/12/22/del-sette-indagato-lambita-la-famiglia-renzi-woodcock-alla-carica/ ), la fronda interna Pd durante il referendum costituzionale che ha reso palese il pericolo di scissioni e frantumazioni dell’unico partito europeista di maggioranza rimasto nell’arco costituzionale,ecc. appare chiaro anche ai più ingenui,come ha accennato anche il noto giornalista satirico romano Roberto D’Agostino, che riproporre Matteo Renzi tanto a candidato a premier per le prossime elezioni che a segretario del partito, a nostro sommesso avviso, equivarrebbe senza ombra di dubbio a suicidio politico dello stesso partito democratico, con i tesseramenti sempre più in calo e lo scollamento pressoché totale dagli umori e dalle convinzioni politiche della base (http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/13/pd-nel-2016-iscritti-in-calo-crollo-in-emilia-tesseramento-prorogato-guerini-dati-non-rispondenti-alla-realta/3313711/ ). Anche le politiche di presunta prevenzione della corruzione con l’Anac del magistrato Cantone ci sembrano, tuttosommato, un autentico flop, continuando il fenomeno ad essere dilagante nel paese e l’unico risultato rivendicato a favore dell’operato del governo Renzi dal magistrato Carofiglio,vale a dire la legge sulle unioni civili per arginare il fenomeno della discriminazione sessuale,atteso da circa ventanni, a parere dello stesso e anche della Corte di giustizia europea,deve ritenersi come un complesso normativo piuttosto deludente, se solo si tengano presenti le considerazioni sollevate in altro mio post e la questione delle adozioni viste sotto l’ottica dei diretti interessati (http://gianfrancoferrari2013.blogspot.it/2015/10/la-moratoria-italiana-sul.html).

A questo punto la proposta di Cuperlo alla segreteria, che sembra essere la persona giusta per tentare un recupero di dialogo con la base, soprattutto con le giovani generazioni, e tra le varie correnti interne al partito, non foss’altro per la sensibilità e gli studi umanistici e politici che lo contraddistinguono, e la ricerca in tempo reale di un’alternativa credibile e più accettabile rispetto a Renzi, diventano le due uniche priorità e i passaggi obbligati del partito democratico che si impongono, sulla scena politica, per i principi superiori della ragion di Stato e dei valori dell’Europa. Un passo falso significherebbe non solo il suicidio politico di questo partito e conseguentemente scenari di scissione e frantumazione, ma anche il disastro e la caduta nel baratro dei populismi e delle illusioni demagogiche per l’intero paese. Nell’attuale momento storico, dunque, le sorti e la conduzione del prossimo congresso del Pd segnano il punto di svolta e la cartina di tornasole del ritorno al dibattito democratico interno e della fine dei verticismi e decisionismi che hanno contrassegnato anche l’inconcludente pagina triennale del renzusconismo e costituiscono il viatico e il paradigma delle sorti della vita politica e costituzionale dell’intera Repubblica, preannunciando e anticipando il ritorno al sistema elettorale proporzionale, fatto di confronti seri, di figure capaci di mediare in nome di un interesse superiore, di conflitti interni anche seri ma costruttivi,abbandonando la via dei personalismi e dei solisti per quella occidentale della costruzione, giorno per giorno del contratto sociale. Ben venga dunque alla segreteria del Pd il triestino Gianni Cuperlo, con la sua eloquenza raffinata e con la sua sensibilità e abilità diplomatica, a ripristinare l’imperio della dialettica e dell’arte della parola,quasi dimenticate da trentanni in un paese in cui la politica si è involgarita e ha toccato la pagina più bassa in termini di consensi e di capacità di coinvolgere anche le minoranze e le fasce deboli a tutto vantaggio dell’astensionismo,del voto di scambio, degli estremismi e della crisi di ogni sorta di coesione sociale. Ben venga una sensibilità quasi psicanalitica e femminile in un paese ormai stuprato da un trentennio di derive autoritarie,leggi ad personam e controriforme. Solo a fronte di un confronto autentico e della defenestrazione del renzismo inteso come proposta renziana di leadership e nella ricerca di figure più preparate e credibili per la candidatura a premier nelle prossime elezioni, come quelle del Conte Paolo Gentiloni, di Marianna Madia, Maria Elena Boschi e Marco Minniti, che stanno contribuendo, in questo momento, alla ricerca seria di un recupero di credibilità del paese sulla scena internazionale, oltre che in termini di sicurezza, avendo compreso il primato attuale della politica estera nello scenario europeo e italiano, sarà possibile scongiurare il caos e il disastro. In tale ottica la recente indagine del magistrato napoletano Henry John Woodcock che coinvolge l’entourage anche familiare renziano, oltre alla figura del fedelissimo Luca Lotti, può essere interpretata come un intervento provvidenziale della magistratura, una fortuita coincidenza o un fenomeno positivo di “tutoraggio o messaggio istituzionale” che forse potrebbe rivelarsi idoneo a preservare il congresso interno del Pd e l’intero paese dal pericolo di stagnazione politico-economica e di ricaduta nel renzismo. Insomma un intervento pressoché indispensabile nell’attuale momento storico per la salvezza del salvabile e che va letto nella giusta ottica senza sterili polemiche e dietrologie, considerando gli episodi oggetto di indagine e il fatto che Matteo Renzi, contrariamente agli annunci prereferendari, anziché ritirarsi dalla politica definitivamente, insiste col suo sterile presenzialismo, magari tentando di destabilizzare l’operato positivo dell’attuale governo, premendo dissennatamente sul pedale dell’accelleratore dei tempi delle elezioni, per la smania di ricandidarsi e ritornare in pista,senza alcun programma o proposta sensata,magari per riproporci qualche altro scenario di pseudoriforme improponibili o controproducenti, come quelle che costantemente ha proposto nei suoi tre anni di governo contrassegnati da continue smanie di competizioni personali fini a se stesse, trasmettendo al paese stress, divisioni,conflittualità e nervosismo in uno scenario quasi da nevrosi di massa o da psicopatologia della vita quotidiana, diversamente dalla tranquillità,dalla moderazione,dalla sicurezza e dall’equilibrio, di cui abbiamo bisogno più di ogni altra cosa nel contesto già stressante della vita contemporanea e che sembra trasmetterci, finalmente, con un tocco di classe, la figura colta ed elegante del Conte Paolo Gentiloni.









domenica 8 gennaio 2017

ANCHE L’ITALIA PAGHERA’ UN PREZZO NEGLI ATTENTATI SECONDO IL CAPO DELLA POLIZIA GABRIELLI, MA DOVE SONO LE PROPOSTE E LE POSSIBILI SOLUZIONI? PER “UNA STRETTA” SULL’ESTREMISMO ISLAMICO.


E’ appena di ieri la notizia secondo cui il Prefetto e Capo della Polizia Franco Gabrielli asserisce che anche l’Italia è destinata a pagare un prezzo negli attentati, la frase è riferita alla crescente ondata di terrorismo islamico che, nel 2016, ha colpito l’Europa, risparmiando fino adesso l’Italia. Le teorie sul fatto che l’Italia fino ad oggi sia stata risparmiata da attentati eclatanti e di rilievo sono, in realtà, due: c’è chi dice che le nostre forze dell’ordine sarebbero più preparate a fronteggiare il fenomeno, anche sulla base dell’esperienza del terrorismo interno che ha colpito il paese negli anni di piombo (molti degli attuali vertici degli uffici di polizia si sono formati e hanno fatto carriera proprio in quel periodo in cui le istituzioni si trovavano alle prese contemporaneamente con gruppi anarchici, di estrema destra e di estrema sinistra) e c’è,invece, chi sospetta che, essendo il terrorismo islamico fortemente infiltrato in molte città italiane e avendo trovato nel nostro paese un bacino di tolleranza con reti della criminalità organizzata di sostegno diretto o indiretto, gli estremisti islamici non avrebbero interesse a mettere a rischio la pacifica convivenza delle loro cellule e basi sul territorio europeo che funge loro da testa di ponte e da luogo di preparazione di una buona parte degli attentati e delle operazioni che si svolgerebbero sul territorio europeo nel suo complesso (vedasi la recente vicenda dell’ucccisione di Anis Amri a causa della sua reazione agli agenti di polizia che lo avevano fermato a Sesto San Giovanni, oppure l’opinione politica del capo della Lega Nord Matteo Salvini: http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/12259906/salvini-perche-da-noi-in-italia-nessun-attentato.html ). C’è poi chi parla di basso profilo del governo italiano nelle missioni all’estero e nella politica internazionale, ma di tutte queste teorie, la seconda pare più razionalmente condivisibile alla luce dei recenti sviluppi investigativi sul caso dell’attentatore di Berlino, senza bisogno di cedere alle suggestioni leghiste,secondo cui la colpa sarebbe imputabile alla gestione della sicurezza da parte dei governi di sinistra che avrebbero tollerato ogni genere di traffici illeciti sul nostro territorio senza adeguate strategie e misure di contrasto e prevenzione. In realtà il recente allarme del Capo della polizia cosa dovrebbe indurci a pensare allo stato dei fatti? Che un attentato potrebbe adesso verificarsi quale ritorsione e risposta dell’Isis o delle frange islamiche estremiste a seguito di quanto occorso al loro esponente Anis Amri? Oppure dovremmo essere autorizzati a sospettare che, a fronte delle polemiche sulle cause dell’assenza di attentati di rilievo fino ad oggi in Italia,la presenza di un attentato di rilievo starebbe quasi diventando un’esigenza nazionale? Magari per presentarsi in Europa o in Germania e poter dire: vedete è successo anche a casa nostra, non siamo alleati o favoreggiatori del terrorismo islamico? O ancora per placare le polemiche provocatorie stile Salvini and company? Difficile dare una risposta, anche se sappiamo tutti che all’epoca della “strategia della tensione” molti degli eventi che si verificarono furono in effetti pianificati a tavolino e spesso realizzati o coperti proprio dagli ambienti degli allora cosiddetti “servizi deviati” e dell’estremismo di destra con le varie connivenze e contiguità. E allora cosa c’è di veramente preoccupante, oggi, nel 2017, nella frase del Capo della polizia Gabrielli? A nostro avviso il fatto che costui si limiti ad avvisare senza proporre una strategia di contrasto, senza indicare subito contestualmente le possibili soluzioni in termini di prevenzione, trattandosi di un avviso a dir poco inquietante,non essendo nemmeno accompagnato da precise indicazioni sulle fonti, presumiamo confidenziali, da cui trarrebbe origine la notizia. Premesso che preferiamo la franchezza del Dr.Franco Gabrielli a gestioni meno trasparenti e che comunque l’indicazione può essere interpretata anche come un invito alla popolazione tutta a collaborare in termini di prevenzione e a segnalare, se si viene in possesso di notizie che possano legittimamente allertare circa la preparazione di attentati o i movimenti di personaggi sospetti,possiamo forse ipotizzare cosa sarebbe legittimo fare per cercare di prevenire: 1) maggiori controlli anche con infiltrati di polizia e confidenti sui cosiddetti centri a rischio che possono essere frequentati da cellule del terrorismo islamico e che possono diventare luoghi di ritrovo e aggregazione anche di estremisti in cui possono maturare certi progetti e idee, dalle moschee, ai centri di lingua e cultura islamica,ecc., 2) maggiori controlli,anche fiscali, sugli esercizi commerciali potenziali centri di ritrovo e cultura islamica, 3) sensibile incremento dell’utilizzo di istituti come il fermo di polizia e il fermo precautelare o a fini di identificazione e di altri istituti di prevenzione comprese le perquisizioni per blocchi di edifici utilizzabili anche in materia di antiterrorismo,perché spesso un fermo o l’allerta determinata da fenomeni come le perquisizioni massive, concentrate su eventuali palazzi abitati in maggioranza da islamici o centri di ritrovo e cultura, laddove ve ne siano gli estremi anche sulla base di fonti confidenziali, possono rivelarsi provvidenziali nel prevenire ed evitare eventuali attentati o nel recidere le fonti di finanziamento, comprese droga e prostituzione o nell’evitare che il traffico di armi finisca per fornire gli strumenti per commettere certi reati. 4) Incremento dell’utilizzo delle espulsioni, dei fogli di via e degli istituti antimmigrazione clandestina, perché spesso anche un’espulsione o l’avvio della procedura può costituire un deterrente anche per altri fenomeni e indurre alcuni immigrati che intendono rimanere nel paese e lavorare onestamente a collaborare con le forze dell’ordine e a fornire dritte investigative. Potremmo continuare a lungo, ma questa carrellata di suggerimenti deve intendersi come semplicemente esplicativa di quante cose si potrebbero fare in chiave preventiva a tutela della popolazione e di come, in realtà, la nostra legislazione preveda tutta una serie di istituti meno garantistici e molto più incisivi di quanto comunemente si possa pensare e detto semplicemente in sintesi questa riflessione è volta soltanto ad indicare che annunci come quelli effettuati dal Capo della polizia non possono poi non essere seguiti da una “stretta” e da iniziative concrete in termini di controllo e repressione, perché, diversamente, rischiano di diventare vani proclami e di far perdere fiducia nella funzionalità istituzionale. A puro titolo di memoria storica vorrei ricordare il clima in cui è maturata la sconfitta del terrorismo in questo paese. In quegli anni anche solo aver parenti “impegnati ideologicamente” o appartenere a determinate frange politiche finiva per costituire elemento di sospetto.A fronte del clima creato dagli attentati del 2016 in tutta Europa personalmente ritengo che l’Islam in occidente di per sé sia destinato a diventare elemento di sospetto, specialmente se certi fenomeni terroristici siano destinati a continuare e che quindi, se vi siano elementi concreti che inducano a sospettare su attentati imminenti in Italia, le comunità islamiche debbano cominciare a collaborare in concreto e, in alcuni casi, anche a sperimentare quale sarebbe il clima e le conseguenze all’indomani di un eventuale fatto di sangue di rilevante entità all’interno del paese ospitante, ricordando che agli edifici di culto di altre religioni o agli immigrati cristiani, per il principio internazionalistico di reciprocità, non vengono riservati altrettanta ospitalità e tolleranza nella gran parte dei paesi islamici.








venerdì 6 gennaio 2017

LA SUCCESSIONE ALLA CASALEGGIO ASSOCIATI E LE POLEMICHE STRUMENTALI SULLA LAUREA ALBANESE DEL TROTA: QUOD NON FECERUNT PADANI, FECERUNT GRILLINI!

Ab antiquo si diceva: “Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini!”, era un motto che lo storico di Roma di origine tedesca Gregorovius riporta in relazione allo spoglio di materiali marmorei e di pregio perpetuato a varie riprese sui monumenti più importanti della Roma antica, compreso il Colosseo, e che spesso furono riutilizzati per l’edificazione di chiese e case patrizie da varie casate nobiliari romane tra cui parvero eccellere appunto i Barberini. Così i danni al patrimonio monumentale romano che non furono risparmiati dai vari sacchi di Roma, da Alarico ai Normanni fino ai Lanzichenecchi, finirono per essere completati dalla nonchalance con cui certi materiali venivano utilizzati anche a fini privati dalle varie casate nobiliari romane dedite ad utilizzare il patrimonio pubblico come insieme di risorse ad uso privato. I tempi cambiano, ma l’assenza di una linea di discrimine tra pubblico e privato in Italia rappresenta forse l’unica linea di continuità, così,oltre al conflitto di interessi berlusconiano, assistiamo anche alla singolare problematica delle “guerre di successione” o delle gestioni familistiche o nepotistiche anche dei partiti politici ovvero al fenomeno dei cosiddetti “partiti-azienda” o partiti a gestione aziendale di cui Forza Italia con il famoso rito della distribuzione delle valigette coi simboli e i gadgets rappresentò forse uno dei primi esempi storici. Giusto per fare un promemoria storico non so quanti di noi ricorderanno la polemica di qualche anno fa, quando la Lega Nord era sulla cresta dell’onda e in cima ai consensi elettorali, sulla laurea albanese del Trota e sulla possibile successione del figlio di Bossi alla Leadership del partito padano? Quei tempi sembrano ormai lontani e Renzo Bossi sembra ormai destinato ad una tranquilla carriera di imprenditore agricolo, ma pare difficile dimenticare le polemiche interne al partito, le accuse al cerchio magico di gestione familistica del simbolo e anche tanto di indagine penale a Tirana sulla laurea del Trota (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/02/laurea-in-albania-renzo-bossi-indagato-a-tirana-non-ha-mai-seguito-una-lezione/797959/ ). I tempi cambiano, i partiti o movimenti cambiano, ma il problema delle gestioni familistiche e aziendali continua a segnare la storia in salita della politica italiana. L’anno scorso muore Gian Roberto Casaleggio, fondatore e “guru” del movimento a cinque stelle, lasciando un vuoto in termini di guida e controllo del movimento, a fronte del quale in molti riconoscono temibili segnali di sbandamento di quella che, a tutti gli effetti, veniva identificata come una gestione verticistica. In questo caso non mancano roventi polemiche sul ruolo di controllo che l’azienda Casaleggio e associati svolgerebbe sul simbolo e le strutture, a partire dal blog, del movimento e sul passaggio del testimone che si sarebbe pacificamente svolto dalla morte di Gian Roberto padre al giovane erede Davide Casaleggio (http://www.polisblog.it/post/373565/chi-comanda-ora-nel-movimento-5-stelle-il-ruolo-di-davide-casaleggio) , in un contesto in cui il ruolo del Di Maio e di altri parlamentari pentastellati finirebbe per poter apparire di facciata o convenzionale rispetto al ruolo aziendale. In molti, all’interno del movimento,se li interrogate sulla questione, finiranno per rispondere che Davide Casaleggio è una figura più preparata e matura del Trota e che ha studiato di più, ma non mi sembra questo il fulcro del problema,anche perché, per quanto potessero premere il Trota,la sua famiglia o il cosiddetto cerchio magico,all’epoca, al massimo Renzo Bossi riuscì a scucire un posto come parlamentare regionale,finendo di lì a poco travolto da scandali e polemiche e soprattutto anche da una fronda interna che non gli consentì mai,neanche lontanamente, di avvicinarsi ad una leadership sostanziale del partito. E allora? Sta a vedere che i leghisti sono in grado di sorprenderci e che,almeno all’epoca, avevano una convinzione e una fede così radicata nei valori statutari interni e nel metodo democratico che non avrebbero mai consentito una successione di leadership politica o di controllo del simbolo e delle strutture o comunque di ruolo sostanziale quale quella che,pacificamente, potrebbe essersi verificata all’interno del “non-partito” e del “non-statuto”, i quali, proprio per la loro definizione che si connota negativamente non avrebbero avuto gli anticorpi in grado di immunizzarli da certi fenomeni di gestione e controllo esterno aziendalistico,peraltro non conformi alla nostra definizione costituzionale autonoma e trasparente del concetto di partiti. I punti interrogativi sono molti, ma diventano ancor più inquietanti alla luce delle polemiche e dell’autentica guerra ideologica proclamata dal movimento pentastellato contro il principio costituzionale dell’assenza di vincolo di mandato e quindi dell’assenza di controlli o indipendenza costituzionale della funzione parlamentare (art.67 Cost.), dal momento che,nel nostro sistema costituzionale parlamentare, ogni membro del parlamento rappresenta direttamente la Nazione e il corpo elettorale che lo ha investito direttamente del mandato,senza riconoscere ruoli di mediazione o controllo a strutture aziendali o ai partiti medesimi. In una tale ottica assume anche un ruolo strategico il cosiddetto contratto di candidatura con tanto di penale per 150.000 euro per chi dissente (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/08/elezioni-roma-2016-decalogo-ai-candidati-m5s-multa-di-150mila-euro-a-chi-dissente/2442298/) sulla cui legittimità, a breve, pare sia chiamato a pronunciarsi anche l’Anac che potrebbe girare il parere addirittura alla Procura della Repubblica di Roma (http://www.ilfoglio.it/politica/2016/12/20/news/m5s-grillo-raggi-truffa-legale-sciogliere-il-movimento-5-stelle-111812/) ovvero sul ricorso proposto dall’Avv. Venerando Monello contro tale contratto (http://www.lastampa.it/2017/01/05/italia/politica/grilloraggi-guerra-di-carte-sul-contratto-da-mila-euro-03KhAJ5pot6dAH3xrO5JpO/pagina.html ) . Il sottoscritto, tra i primi, ha evidenziato come,al di là della Costituzione e delle cariche politiche parlamentari, tale clausola penale, se azionata in concreto, potrebbe essere in aperto contrasto con l’art.294 del Codice penale che testualmente definisce il concetto di attentati ai diritti politici del cittadino e recita: “Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico (1), ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.”. Il concetto poi di controllo più o meno occulto sulla politica e su organi costituzionali, Parlamento compreso, pare rappresentare la ratio che sottende ad una serie di interventi normativi nel nostro ordinamento a partire dalla Legge n°17 del 1982 varata all’indomani dello scandalo della Loggia P2 proprio per combattere e fronteggiare determinati fenomeni di controllo esterno non meno eversivi rispetto all’idea di golpe autoritari o comunque di esautorazione del ruolo dei membri e degli organi costituzionali legittimi. Ragion per cui continuiamo a ribellarci ad ogni concetto di “successione” o controllo esterno laddove in democrazia rappresentativa l’unica investitura proviene direttamente dal voto,che per l’art.48 della Costituzione non può essere limitato o condizionato, non essendo peraltro prevista la figura del tutore o del controllore in corso di esercizio del mandato ed essendo, a nostro parere, illegale ogni altro modulo, compreso quello del controllo eventuale del simbolo o delle strutture che non passi costituzionalmente attraverso le libere forme associative dei partiti e non delle aziende ai sensi degli artt.48 e 49 della Costituzione, differenziandosi l’azienda dal partito anche per gli scopi di lucro a favore delle tasche di qualcuno per l’azienda e sociali o puramente politici nel secondo caso,anche al fine di evitare la successione aziendale nella gestione con tanto di ruolo politico,come nelle monarchie assolute,magari solo con qualche anno in più rispetto al Trota negli anni della ventilata successione leghista o per la presenza di una laurea all’attivo più regolare di quella albanese. 














giovedì 5 gennaio 2017

LA DISPARITA’ DI TUTELA DEL SEGRETO PROFESSIONALE TRA GIORNALISTA PROFESSIONISTA E GIORNALISTA PUBBLICISTA

Al principio del dovere di testimonianza,maxime in ambito penale, salvaguardato anche dalla passibilità dei reati di falsa testimonianza in fase dibattimentale o false informazioni alla P.G. in fase di indagini preliminari (artt.372-371bis C.P. che in alcuni casi possono anche concorrere con le ipotesi di favoreggiamento), anche nella versione della cosiddetta reticenza, cioè della menzogna (le mezze coscienti verità per non dire tutto quanto è a propria conoscenza o più direttamente il vero e proprio rifiuto di deporre), corrispondono precisi limiti, di cui alcuni dettati dal principio del nemo contra se detegere e del riconoscimento dei sentimenti e legami familiari come limiti al dovere di collaborazione con la giustizia, ad esempio l’essere prossimi congiunti dell’imputato-indagato (art.199 C.P.P.), ed altri derivanti dal segreto professionale,d’ufficio o di Stato. Per alcune categorie di soggetti, come Avvocati, ministri di culto (il cosiddetto segreto professionale), impiegati del sert per i programmi di disintossicazione delle tossicodipendenze,ecc.,non esiste un obbligo di testimoniare su quanto hanno conosciuto in ragione del loro ministero,ufficio e professione ed anzi sussiste un dovere deontologico e penalmente sanzionato di tutelare il segreto professionale, onde non recare nocumento alle persone assistite a livello professionale (art.622 C.P.). Per avere una panoramica un po’ più completa l’art.384 del C.P. contempla anche una precisa causa di esclusione della punibilità, laddove stabilisce che non è punibile chi ha commesso falsa testimonianza (dunque anche reticenza) o altri delitti contro l’amministrazione della giustizia, per esservi stato costretto dalla necessità di proteggere se stesso o un prossimo congiunto da un grave pregiudizio della libertà o dell’onore e tale potrebbe essere anche il pericolo di una condanna penale in considerazione della valutazione sociale che generalmente di riconnette a tale aspetto. Il cosiddetto privilegio contro l’autoincriminazione rappresenta un corollario costituzionale del principio dell’inalienabilità del diritto di difesa e prevede che il teste o la persona informata sui fatti in fase di indagine abbiano si l’obbligo di dire la verità, ma non fino ad auto incriminarsi. Come spiegano Carlotta Conti e Paolo Tonini a pag.223 del testo “Il diritto delle prove penali”, Giuffrè editore: “Una situazione del genere non sarebbe compatibile con la Costituzione, che garantisce i diritti fondamentali dell’individuo (art.2 Cost.), tra i quali rientra anche il diritto di non incriminare se stesso senz’altro desumibile dalla proclamazione del diritto di difesa (art.24,comma 2, Cost.). Per questo motivo, il codice tutela il testimone e stabilisce che “egli non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale” (art.198, comma 2, C.P.P.).Si è dinanzi a quella che potrebbe definirsi come una tutela anticipata del diritto al silenzio. La situazione giuridica soggettiva, regolamentata dall’art.198,comma 2, può essere correttamente definita “privilegio”, con terminologia di tipo anglosassone, perché si prevede una “esenzione da un regime di tipo ordinario”, che è appunto l’obbligo di deporre. L’esenzione è prevista dalla legge in considerazione della presenza di un interesse privato ritenuto meritevole di tutela dall’ordinamento.”. In psicanalisi o nelle scienze biologiche e antropologiche si parlerebbe del riconoscimento da parte della procedura penale dell’insopprimibilità del cosiddetto istinto fondamentale di base all’autoconservazione, patrimonio comune del mondo biologico non solo animale, che coincide col nucleo stesso del principio di identità. La sanzione processuale più comune contro cui incorre l’inquirente o il giudicante che assume o tenta di coartare il dichiarante a rendere tali dichiarazioni contro tali principi è l’inutilizzabilità del verbale e del contenuto della deposizione estorta con l’inganno (far credere che comunque è tenuto a deporre), la forza (esempio: botte in caserma) o altri sistemi. In pratica non può essere utilizzato contro il dichiarante quanto egli ha dichiarato in qualità di teste o a s.i.t., se poteva astenersi dal dichiararlo e ha subìto ammonimenti o pressioni o se andava sentito con le garanzie dell’interrogatorio come indagato e invece è stato sentito formalmente come teste (inutilizzabilità assoluta in tale ultima ipotesi, op. cit. pag.227, su tale argomento vedi altro mio post: http://gianfrancoferrari2013.blogspot.it/2013/06/interrogatorio-o-sommarie-informazioni.html ). Se il soggetto andava avvertito della facoltà di astenersi dal rendere deposizione e il giudice o l’inquirente non lo avverte,la deposizione è affetta da nullità relativa e l’eventuale reato di falsa testimonianza o reticenza non è punibile, ciò vale anche per le dichiarazioni rilasciate avanti alla polizia giudiziaria in fase di indagine. Circa il segreto professionale l’art.200 C.P.P. distingue tra professionisti qualificati, ad esempio il prete, l’Avvocato o il giornalista, quest’ultimo sulle fonti, e i professionisti comuni. I professionisti che non rientrino tra le persone qualificate indicate dall’art.200, sono considerati alla pari degli altri testimoni  e devono rispondere secondo verità. Premesso che il privilegio del segreto professionale deve vertere strettamente sulle cose apprese a causa o comunque in occasione dell’esercizio della propria attività professionale,poiché, diversamente, vige comunque l’obbligo di testimoniare e che, qualora venga opposto il segreto professionale su alcune questioni, sta al giudice valutare ed effettuare eventualmente anche accertamenti sulla veridicità e legittimità del segreto professionale opposto, invitando comunque il professionista a rispondere quando risulti l’infondatezza o insussistenza delle ragioni addotte a tutela del segreto professionale. Il principio di tutela del segreto professionale è riguardato dal principio di tassatività-tipicità, vale a dire che risulta validamente opponibile solo dalle categorie espressamente indicate dalla legge: ad esempio, Avvocati, praticanti Avvocati,ministri di culto, investigatori privati, consulenti tecnici,Notai,medici farmacisti, ostetriche, esercenti professioni sanitarie, consulenti del lavoro, commercialisti,ragionieri,periti commerciali, assistenti sociali, operatori del sert. Sui giornalisti professionisti si parla correttamente di “segreto sulle fonti”, più che di segreto professionale tout court e, in ogni caso, l’interesse della giustizia all’accertamento dei fatti prevale su di esso, se non è possibile ricostruire gli accadimenti con altro sistema. Scrivono sempre Conti e Tonini (pag.234-235, op. cit.; “Il segreto professionale è esteso ai giornalisti con alcuni limiti. In primo luogo, esso può essere mantenuto relativamente ai “nomi delle persone” dalle quali è stata appresa una notizia di carattere fiduciario nell’esercizio della professione.”, un parallelismo potrebbe porsi in astratto con i nomi delle cosiddette fonti confidenziali della Polizia Giudiziaria che, in genere, tendono a rimanere segreti e negli archivi di polizia (art.203 C.P.P.), salvo che non siano stati chiamati a s.i.t. o che l’A.G. ritenga comunque di sentirli e/o costoro vi consentano o siano stati comunque identificati. “In secondo luogo possono opporre questo segreto soltanto i giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale” e quindi non anche i giornalisti pubblicisti, cioè coloro che pur avendo riconosciuta tale qualità professionale la esercitino sporadicamente o non in via principale o part-time o come attività secondaria. Da ultimo “il giornalista è comunque obbligato a indicare al giudice la fonte delle sue informazioni, quando le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata soltanto attraverso  “l’identificazione della fonte della notizia.”(art.200,comma 3, C.P.P.). Da un lato, vi è la garanzia che i predetti limiti sono valutati dal “giudice”, e in tal termine personalmente non riteniamo potersi comprendere il P.M. o la P.G., ma solo il giudice,mentre “dall’altro lato, la regolamentazione è tuttavìa strutturata in modo da far prevalere  l’interesse” pubblicistico “della Giustizia sull’interesse” privatistico “del giornalista a mantenere coperta la fonte delle informazioni. Nei casi in cui il giornalista può conservare il segreto sulla fonte (ad esempio, perché la notizia non riguarda l’esistenza di un reato, ma di una sua circostanza, ad esempio furto con effrazione anziché furto semplice, la notizia stessa non è utilizzabile nel processo a causa del divieto che riguarda l’utilizzo di testimonianze indirette (art.195,comma 7, C.P.P.). Occorre infine segnalare che il segreto bancario cede di fronte all’esigenza di accertare fatti penalmente rilevanti.”.Mentre quest’ultime disposizioni appaiono ampiamente condivisibili, non così la disparità di tutela del segreto sulle fonti del giornalista professionista rispetto a quello pubblicista, se solo si pensa che in Italia abbiamo avuto grandi firme del giornalismo come Giorgio Bocca, in passato, che hanno esercitato tutta una vita la loro rispettabile professione col semplice tesserino da pubblicista, senza mai peritarsi di passare l’esame Stato o di iscriversi all’albo dei giornalisti professionisti. Si tratta di una disparità destinata ad assumere rilievo ex artt.2-3 e 21 Cost. , se solo si considera che le ragioni di tutela e riservatezza dei nomi delle fonti sono i medesimi e che anche l’attività lavorativa giornalistica e di manifestazione del pensiero sono sostanzialmente e potenzialmente identici e identiche le ragioni stesse alla base della tutela giuridica accordata. Si tratta dunque di una autentica lacuna dell’ordinamento mai sufficientemente approfondita e destinata prima o poi, a nostro modesto avviso, ad approdare alle attenzioni dei giudici a quo e della Consulta, se solo si considera che molti scoop e articoli di approfondimento passano oggi per i blog e le testate on line,ancor più che sui quotidiani della carta stampata e sulle agenzie di stampa in anteprima.