Cerca nel blog

domenica 19 marzo 2017

IL CASO DI ADRIANA, UNA BATTAGLIA PER I DIRITTI CIVILI DELLA PERSONALITA’ , PIU’ PRECISAMENTE PER IL DIRITTO ALL’IDENTITA’ TRANSESSUALE ANCHE NEI CIE O IN STATO DI RESTRIZIONE DELLA LIBERTA’ PERSONALE.DER FALL VON ADRIANA, ein Kampf um die Bürgerrechte der Persönlichkeit ", MEHR "insbesondere das Recht auf die Identität 'TRANSSEXUELLE AUCH IM EIS ODER BESCHRÄNKUNG Zustand der Freiheit "PERSONAL.

IL CASO DI ADRIANA, UNA BATTAGLIA PER I DIRITTI CIVILI DELLA PERSONALITA’ ,
PIU’ PRECISAMENTE PER IL DIRITTO ALL’IDENTITA’ TRANSESSUALE ANCHE NEI CIE O IN
STATO DI RESTRIZIONE DELLA LIBERTA’ PERSONALE.
Pia Covre, presidente del comitato per i diritti delle prostitute, chiede di diffondere on line il seguente comunicato: “Lei è Adriana, dal 21 febbraio è trattenuta al CIE di Brindisi nel reparto maschile.Adriana da 8 giorni ha iniziato uno sciopero della fame per essere trasferita in un reparto femminile.Non sfugge, come una donna trans trattenuta fra centinaia di uomini sia in costante pericolo.Adriana è riuscita a contattare me e il MIT e ci chiede di aiutarla nella sua legittima richiesta di essere trasferita in un reparto femminile, al riparo da discriminazioni e violenze. Per questo motivo chiedo che Adriana venga immediatamente trasferita in un reparto femminile, annunciando che se ciò non avverrà, lunedì inizierò anche io uno SCIOPERO DELLA FAME. Vi prego: condividete questa notizia, fatelo per Adriana!” (http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/03/18/trans-al-cie-nel-reparto-uomini_9bf846e6-52ac-447f-bdde-5c45f33bdd0e.html ). Sul sito facebook del M.I.T.,Movimento per l’identità transessuale, impegnato da anni nella battaglia che permetta alle persone trans, trattenute nelle carceri, nei CIE o nei centri di prima accoglienza, di essere rispettate nella loro identità di genere, leggiamo altri particolari della vicenda personale di Adriana. Che viene da una zona del Brasile in cui molti trans vengono uccisi ogni anno e che ha chiesto asilo all’Italia, che, nella situazione in cui si è trovata al Cie non ha potuto nemmeno continuare la terapia ormonale necessaria alla sua identità di genere, in quanto in questo paese non ci sarebbe nemmeno una regolamentazione su questi aspetti per i trans che si trovano nei CIE o in stato di restrizione e che basterebbe addirittura una semplice circolare ministeriale per colmare questa grave lacuna normativa lesiva dei diritti della personalità e più specificamente all’identità sessuale (art.2 Cost.). Sulla questione fortunatamente esiste qualche precedente giudiziario di segno contrario a quanto avvenuto nel caso di specie presso il Cie pugliese protagonista di questa brutta vicenda. Infatti il tribunale di sorveglianza di Spoleto, per una trans che stava scontando la pena presso il carcere di Terni, ha posto a carico della relativa Asl i costi per la somministrazione della terapia ormonale a tutela del diritto del trans detenuto all’identità di genere (http://www.umbria24.it/cronaca/%C2%ABlasl-terni-paghi-cure-ormonali-ad-trans-carcere%C2%BB-decisione-giudice). Per entrare nei particolari di quest’altra vicenda l’articolo riferisce: “I particolari secondo la struttura sanitaria ternana le norme non includono la «prescrivibilita’ di ormoni sessuali femminili a soggetto maschile». La Asl non intende quindi accollarsi le spese e le cure sono ora somministrate dal carcere ternano. Il provvedimento risale alla meta’ del luglio scorso. Il magistrato di sorveglianza ha ritenuto che l’integrita’ psico-fisica del transessuale venga «garantita unicamente dalla prosecuzione delle cure ormonali già intraprese prima della detenzione». Ha quindi evidenziato la «peculiarità della posizione della persona detenuta rispetto al libero tanto sotto il profilo della scarsità (per non dire assenza) di risorse economiche a disposizione» sia delle «problematiche comportamentali anche gravi che possono derivare da una improvvisa cessazione delle cure, tali da mettere a rischio l’ordine e la sicurezza dell’istituto penitenziario». Il magistrato spoletino, competente anche per il carcere di Terni, nel suo provvedimento ha fatto riferimento anche al diritto «ad una esecuzione penale che tenda alla rieducazione». «Finalità certamente negata – ha scritto nell’ordinanza – ove il condannato venga costretto in una condizione che accresce la propria disforia di genere e lo fa regredire rispetto a obiettivi in tal senso già anche in parte raggiunti prima della detenzione». E’ stato quindi il magistrato di sorveglianza a disporre che «in caso di qualsiasi inerzia» della Asl nel provvedere tempestivamente all’erogazione a suo carico delle spese «sia il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a supplire provvisoriamente, come sta facendo per altro da tempo rispetto alle cure ormonali necessarie per i detenuti transessuali della casa circondariale di Belluno, e dunque in ossequio ad un principio di pari trattamento rispetto a persone detenute in diversi istituti penitenziari del territorio nazionale». A rivolgersi al magistrato di sorveglianza era stato lo stesso transessuale, in carcere per scontare un cosiddetto «cumulo» con un fine pena previsto nell’agosto del 2013. Nel suo reclamo aveva sostenuto di «non venire adeguatamente curato» presso il carcere di Terni, essendogli «negate le terapie ormonali» alle quali si sottoponeva da tempo per cambiare sesso. Farmaci i cui costi «non sono alla sua portata». Il detenuto ha inoltre fatto presente che l’interruzione delle cure gli ha comportato «notevoli disagi psicofisici», chiedendo percio’ al magistrato di sorveglianza di consentirgli di «fruire al più presto delle cure di cui ha bisogno». Dopo la decisione dell’Asl di Terni di impugnare l’ordinanza a occuparsi della vicenda sarà la Cassazione.”.La questione appare ancor più interessante se si considera che,in questo paese, come riferisce sempre l’articolo in questione, sarebbe previsto un reparto apposito per ospitare i trans in ogni struttura carceraria e che, paradossalmente, l’unico carcere,fino al 2011, che si era attrezzato in tal senso era proprio il carcere di Terni! Come si legge sugli interventi nella pagina fb del M.I.T. si tratta di una battaglia per la dignità, oltre che per l’identità quale primario diritto fondamentale della personalità umana, dal momento che ai trans capita in carcere o in altri fenomeni di istituzionalizzazione, come quello in esame,di essere associati ai reparti maschili,dove spesso subiscono molestie o umiliazioni o di essere discriminati,maltrattati per la loro identità di genere diversa o infine ridotti ad una situazione di isolamento ed emarginazione, talchè spesso la pena o l’incontro con le strutture istituzionali si tramuta per loro in un autentico “doppio inferno” (sul punto vedasi anche l’inchiesta del giornale Repubblica a cura di Piero Pruneddu, la situazione è nota da anni al dicastero di giustizia e dell’interno e l’articolo di stampa risale al 28/08/2013: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/08/28/news/sesso_trans_in_carcere_princesa_in_gabbia_di_pietro_pruneddu_smeralda_non_sa_chi_sia_fabrizio_de_andr_e_non_ha_mai_visto_-65430608/ ). Poiché,come è noto, anche la Corte di Cassazione con sentenza n°15138 del 20/07/2015 e soprattutto la Corte Costituzionale con sentenza n°221 del 5/11/2015 hanno ormai riconosciuto il diritto a poter mutare la propria identità anagrafica di genere indipendentemente dall’effettuazione di operazioni chirurgiche (http://www.altalex.com/documents/news/2015/11/06/corte-costituzionale-rettifica-sesso), ottenendo così all’anagrafe e nei rapporti istituzionali la rettificazione anagrafica del sesso e del nome sulla base dell’identità sessuale che il soggetto sente come propria, anche per garantire il suo stesso diritto alla salute che è inscindibile dal discorso psicologico dell’egosintonicità e del rispetto da parte della società della propria dignità personale e identità a partire dai rapporti con le istituzioni (artt.2-3-32 Cost., in termini di diritto dell’Unione europea invece si vedano gli artt.2-6 del TUE, i principi della Carta di Nizza trasposti ormai nei trattati fondamentali o la consolidata e unanime giurisprudenza della Corte di giustizia UE, tra cui: Corte europea dei diritti umani, Grande camera, Christine Goodwin contro Regno Unito, decisione dell’11 luglio del 2002 o Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, L. contro Lituania, decisione del 11 settembre 2007, più diffusamente per approfondimenti  la breve raccolta e analisi di Micaela Frulli dell’Università di Firenze, “Corte europea dei diritti umani e tutela dell’orientamento sessuale”: http://www.centrostudieuropei.it/jeanmonnet/wp-content/uploads/2016/02/Lezione-FRULLI-maggio-2016.pdf ),ne deriva che, indipendentemente, dalle risultanze e dalle richieste di rettifica anagrafica l’identità di genere debba essere rispettata, soprattutto nell’impatto istituzionale e negli stati o situazioni di privazione della libertà personale, onde evitare che una sanzione penale ordinaria o una situazione di attesa amministrativa finalizzata al riconoscimento del proprio diritto di asilo o permanenza, come quello nei Cie, possa tramutarsi in un doppio inferno e cioè esattamente in quello che la giurisprudenza o tradizione costituzionale nordamericana finisce per definire come “cruel and inusual punishment” o peggio che uno stato di attesa determinato dall’assenza della cittadinanza o finalizzato a chiarire, in via puramente amministrativa,il diritto o meno alla permanenza nel territorio dello Stato italiano possa tramutarsi, di fatto, in una sorta di trattamento discriminatorio,inumano o comunque non rispettoso dell’identità di genere che sarebbe comunque in contrasto financo con l’art.27 della Costituzione ai fini rieducativi di una pena e ancor più in stridente contrasto con le norme amministrative antimmigrazione non certo volte ad infliggere sanzioni penali ai richiedenti asilo. Per quanto Pia Covre ci aggiorni on line sul fatto che, grazie all’intervento dell’Avvocato Cathy La Torre, il caso di Adriana sarebbe in via di soluzione, rimane da domandarci quanti altri casi del genere, specie nelle carceri o peggio nei Rems che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari, si possano verificare e come le istituzioni si rapportino a tale casistica. A parere di chi scrive è proprio da casi del genere che abbiamo la dimostrazione che l’Italia non sia ancora né un paese europeo né un paese civile proprio sotto l’aspetto elementare della tutela dei diritti umani più elementari, vedasi anche vicende come quelle del caso Cucchi e la mancata approvazione a tutt’oggi del reato di tortura che, se fosse stato approvato, ricomprendendo anche forme di tortura psicologica,avrebbe potuto interessare anche la tutela di Adriana. Ci domandiamo infine se non sarebbero da sanzionare,nel caso di specie, quegli operatori che hanno scelto di tradurre e assegnare Adriana al reparto maschile, piuttosto che a quello femminile in assenza di un reparto apposito per i transessuali o transgender, dal momento che la giurisprudenza di Cassazione e della Corte Costituzionale sull’identità di genere, per la giurisprudenza UE, è parte integrante della normativa sostanziale e quindi non potendo le istituzioni invocare l’ignoranza della legge a giustificazione del loro operato? Ci domandiamo se, a volte, in certi fenomeni non vi sia una punta di sottile sadismo, oltre che un sentimento discriminatorio nei confronti del diverso o di quella che,di fatto, è una minoranza sessuale avvertita ancora da molti, per i propri limiti culturali, come aliena? Ci domandiamo inoltre se l’assenza di circolari ministeriali sull’argomento, compresa la questione della somministrazione della terapia ormonale a carico del servizio sanitario nazionale per tutti i trans,compresi quelli nei Cie, che intendano continuare a seguirla e che si trovino, per qualsivoglia motivo, in una situazione amministrativa o penale di restrizione della libertà personale, non costituisca una precisa responsabilità penale per omissione in capo ai vertici dei dicasteri competenti,giustizia e interno, che conoscono bene da anni la situazione (per art.328 C.P. per ragioni di sanità e giustizia o addirittura ex art.323 aggravato ai sensi dell’ultimo comma,per la gravità dei danni psicofisici provocati alle vittime, e per la discriminazione dei transessuali e trans gender rispetto agli altri cittadini di diverso genere sessuale, in quest’ultimo caso la violazione di legge o regolamento sarebbe individuabile anzitutto nelle normative U.E. selfexecuting,compresa la giurisprudenza pacifica della Corte di giustizia UE e della stessa sentenza della Corte Costituzionale italiana succitata direttamente integrativa del panorama normativo italiano)? Viene infine spontaneo domandarsi se il ministro Guardasigilli Orlando, che da uomo di sinistra e militante di lungo corso del Pd, dovrebbe avere particolarmente a cuore certe tematiche, potendo risolverle con una semplice circolare, per i settori di competenza del suo dicastero,non sia troppo impegnato nella sua campagna elettorale personale per la segreteria del partito, per potersi occupare di fondamentali diritti umani rispetto ai quali, per tre anni e passa di durata del suo dicastero,la soluzione conforme al diritto europeo e alla stessa giurisprudenza italiana, sembra ancora in alto mare… considerando anche che una delle reazioni più frequenti delle transessuali in depressione o in stati egodistonici provocati o aggravati da tali situazioni coatte di impatto istituzionale, già traumatiche di per sé, sono anche i tentativi autolesionistici o di suicidio, come leggiamo nel noto testo storico del mio Professore di medicina-legale Alvaro Marchiori: “Il transessuale e la norma” (edizioni Aracne), questa situazione complessiva che dura ormai da anni, tra incuria e ambiguità istituzionali, finisce anche per ingenerare il sospetto, o quantomeno la domanda  legittima se, a volte, certe omissioni o abusi delle istituzioni ai danni di determinate categorie di persone,non fungano,a seconda degli epiloghi più o meno tragici dei casi concreti,anche, più o meno direttamente, da viatico,contesto ambientale psicologico o presupposto per l’istigazione al suicidio o altro.
19 Marzo 2017.                Avv.Gianfranco Ferrari









Nessun commento:

Posta un commento

KANZLERIN