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sabato 24 dicembre 2016

LE SQUADRE INVESTIGATIVE COMUNI COME ESPRESSIONE DEL PRINCIPIO COMUNITARIO DI COOPERAZIONE RAFFORZATA TRA STATI MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA

LE SQUADRE INVESTIGATIVE COMUNI COME ESPRESSIONE DEL PRINCIPIO COMUNITARIO DI COOPERAZIONE RAFFORZATA TRA STATI MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA


Il recente caso del terrorista Anis Amri,autore della strage del mercatino di Berlino operata con un camion proveniente dall’Italia e fermato e ucciso da due agenti di polizia a Sesto San Giovanni,dopo che aveva aperto il fuoco e ferito uno dei due, ripropone l’attualità e la necessità del lavoro coordinato di squadre investigative comuni tra Stati membri della U.E. interessati dai medesimi fenomeni criminosi. Per effetto della recente entrata in vigore del Dlgs. n°34 del 15/02/2016 si è data attuazione alla decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio d’Europa del 13/06/2002 che introduce l’istituto delle squadre investigative comuni. Per effetto di tale novità legislativa ogni Procuratore della Repubblica impegnato in indagini per delitti di significativa gravità ed allarme sociale (ad esempio delitti di criminalità organizzata o quelli previsti dall’art.51 commi 3bis, quater e quinquies e 407 comma 2 lett.a) C.P.P.) può richiedere alla competente autorità dello Stato membro o anche di più Stati membri con cui si intende creare una squadra, la costituzione di una o più squadre investigative comuni tra i vari Stati membri, al fine di coordinare gli sforzi di indagine ed assicurare una maggiore efficienza dei risultati. Oltre alle ipotesi dell’art.51, ecc., tale possibilità è contemplata per i casi di indagini particolarmente complesse, se vi sia l’esigenza di compiere le suddette indagini nel territorio di più Stati-membri. La ratio dell’art.6 del Dlgs.34/2016 è quella di incentivare la collaborazione comune tra autorità inquirenti giudiziarie e squadre investigative di polizia giudiziaria nell’ottica di un coordinamento finalizzato ad una migliore circolazione ed utilizzazione, tra i vari organi degli Stati membri, delle informazioni investigative e degli atti di indagine. Le iniziative volte a costituire una polizia europea come Europol e Eurogendfor (di cui abbiamo avuto modo di discutere già nel 2013: http://gianfrancoferrari2013.blogspot.it/2013/07/una-coraggiosa-arringa-per-labolizione.html ), magari in sostituzione di altre forze di polizia di casa nostra (questione che torna di attualità a fronte del Trattato di Velsen e anche di qualche problema recente: http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/appalti_romeo_consip_indagato_comandante_carabinieri_del_sette-2156430.html , http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/woodcock-seppellisce-regime-renzista-dopo-comandante-carabinieri-138224.htm ), vengono quindi affiancate da questo nuovo strumento di polizia giudiziaria integrata che rappresenta l’espressione operativa in tale materia del principio generale di collaborazione rafforzata tra Stati membri per il raggiungimento di obiettivi comuni e in aderenza ai Trattati fondativi della U.E. ( art.20 T.U.E., artt.326,327 e 328 TFUE). Si tratta, in sostanza, non di un principio obbligatorio, ma facoltativo degli Stati membri che può essere reso operativo, non solo in materia giudiziaria, ma più o meno nei vari settori politico-economici di interesse dei Trattati, sulla base delle esigenze che, di volta in volta, lo rendano di attualità,nonché delle cosiddette maggiori attitudini e “affinità elettive” tra singoli Stati membri interessati. Nel caso balzato recentemente ai clamori delle cronache deve evidenziarsi la potenziale utilità e auspicabilità di un fenomeno di coordinamento investigativo tra Italia e Germania e di interessamento della Direzione nazionale antimafia che,per effetto della recente legge n°43 del 2015,è diventata competente anche in materia di antiterrorismo. Infatti il giovane tunisino Anis Amri, già noto alle forze dell’ordine italiano e all’autorità giudiziaria per i suoi trascorsi delinquenziali, non solo si è impossessato di un camion proveniente dall’Italia come arma del delitto per compiere la strage a Berlino, ma era ritornato sempre in Italia per rifugiarsi dopo il delitto e, presumibilmente, per far perdere le proprie tracce. Tale condotta autorizza del pari a presumere che non solo ritenesse l’Italia un paese dove fosse più facile operare tale latitanza,ma anche che, probabilmente, disponesse in Italia di aiuti o collegamenti potenzialmente idonei ad assecondare tali suoi obiettivi, ragion per cui le indagini sul caso, piuttosto che archiviate con la sua morte, devono intendersi appena cominciate e aprono grandi interrogativi. Al di là delle polemiche sull’immigrazione clandestina in Italia e sull’inefficienza di determinati controlli sul territorio,che riemergono in continuazione in ogni caso di criminalità comune o organizzata che finisce per balzare ai clamori delle cronache, pare che casa nostra possa prestarsi in modo particolare come obiettivo di stanziamento, preparazione e addestramento anche da parte dell’estremismo islamico,così come lo è stata per l’estremismo politico in passato (http://www.ispionline.it/it/EBook/L'italia%20e%20il%20terrorismo%20in%20casa.040315.pdf , http://espresso.repubblica.it/inchieste/2016/11/24/news/il-terrorismo-islamista-in-italia-tra-fede-e-spaccio-1.289349 , http://www.cesdis.it/ctrg/jihad_on_line.pdf ), non foss’altro anche per il tipo di legislazione sull’immigrazione clandestina, i periodi lunghi di gestione delle pratiche nei centri di prima accoglienza e soprattutto la estrema facilità con cui si possono far perdere le proprie tracce anche nelle more di un provvedimento di espulsione. Interessante e da non sottovalutare affatto è anche il particolare che Anis Amri si sarebbe “estremizzato”, cioè convertito all’ideale terroristico della guerra santa durante la sua permanenza nel carcere palermitano dell’Ucciardone, il carcere noto in Italia per aver ospitato boss ed esponenti della mafia siciliana. Anche questa potenziale associazione di idee che può aprire nuovi spiragli o scenari investigativi, come il particolare dei documenti ritrovati nel camion utilizzato per la strage (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-berlino_e_lennesimo_passaporto_miracolosamente_apparso_sul_luogo_del_delitto/16658_18338/ ) , non possono e non devono essere trascurati ai fini degli approfondimenti che la gravità del caso richiede. In pratica può essere utile risalire ai collegamenti dell’ambiente carcerario ed anche alle cause per cui un ambiente carcerario possa diventare un luogo di estremizzazione anziché di rieducazione e ancor più diventa utile investigare se la malavita organizzata, mafia compresa, non abbia contatti o legami con gli ambienti dell’estremismo islamico o non si serva di loro sistematicamente e strumentalmente, per i propri traffici, ad esempio come canale per lo spaccio di stupefacenti o armi, perché se dovessero provenire riscontri in astratto o in concreto da tali approfondimenti, la stessa malavita organizzata italiana potrebbe diventare anch’essa oggetto delle indagini, sia per il coinvolgimento di eventuali canali di copertura e fiancheggiamento e sia ai fini della ricerca di eventuali mandanti, dato il carattere estremistico ed anche politico del delitto, non dovendosi trascurare alcuna pista investigativa. Val la pena ricordare, sinteticamente, in questa sede, che nella prossima campagna elettorale tedesca tutta la partita si giocherà tra la politica di accoglienza fin qui pratica dai partiti di governo e le nuove forze di contestazione favorevoli a respingere gli immigrati ed a politiche restrittive proprio sulla base anche del riscontro delle difficoltà e di potenziali attentati che ruotano intorno agli ambienti dell’immigrazione islamica. Dunque, al di là dell’estremismo religioso, non può escludersi a priori, dati gli effetti destabilizzanti di certi delitti sull’opinione pubblica, la potenziale presenza di moventi non squisitamente etnici o di puro fanatismo. A fronte di ciò solo squadre investigative integrate tra Stati membri con personale proveniente sia dalle branche investigative specializzate che si occupano di criminalità comune e organizzata, che di quelle che si occupano di criminalità politica, potrebbero ricostruire lo scenario nella sua complessità, scenario che forse va al di là della solita episodica “botta da matto” del solito “folle isolato”, se non altro anche per cercare di prevenire ed evitare il ripetersi di certe fattispecie.














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