E
siamo arrivati così finalmente al 23 gennaio, la vigilia della data di udienza
che dovrebbe chiudere il discorso sulla legittimità costituzionale dell’Italicum,la
legge elettorale voluta da Matteo Renzi, avanti alla Corte Costituzionale.
Appare chiaro che,se la Corte si saprà attenere alla sua giurisprudenza precedente,
in particolare la sentenza n°1/2014, dovremmo assistere alla scomparsa del sistema
elettorale maggioritario in Italia e si aprirebbero scenari verso la
reintroduzione della rappresentanza proporzionale, mentre, per discostarsi da
tale impostazione, dato che la citata sentenza parla di rappresentanza delle
minoranze e quant’altro solo il proporzionale potrebbe garantire, la Corte
dovrebbe svolgere una sorta di arret congruamente motivato per pronunciarsi
diversamente,che, però, dopo il rigetto del quesito referendario della scorsa
settimana proposto dai sindacati sul jobs act e che
avrebbe potuto portare alla reviviscenza dell’art.18 dello Statuto dei
lavoratori, avrebbe più il sapore di una decisione dettata da ragioni politiche
che giuridiche. La conseguenza politica della bocciatura dell’Italicum sarebbe
infatti un ulteriore appannamento della leadership renziana all’interno del partito
democratico, che rappresenterebbe l’unico cordone ombelicale di maggioranza
relativa, e forse sempre più in bilico, con l’Unione Europa in un paese in cui
stanno dilagando sempre più il malcontento e le formazioni antieuropeiste e per
l’uscita dalla moneta unica. In sintesi una sentenza avversa alla legittimità
costituzionale dell’Italicum significherebbe, molto probabilmente, che Matteo
Renzi, pur potendo astrattamente rimanere segretario del partito democratico e
pur potendo riproporsi per la segreteria al congresso di marzo,non potrebbe
verosimilmente riproporre la sua candidatura a premier per le prossime elezioni
nazionali con speranza di successo. Infatti, da Emiliano a Cuperlo, ecc. sono
sempre più concrete le possibilità alternative anche per la stessa segreteria
politica, come anche sembrano sempre più numerose le defezioni o le distanze
dal sostegno di altre chances per chi ha già governato ben tre anni senza
risolvere i problemi del paese ed anzi spesso aggravandoli (dal fronte del
lavoro al fronte della giustizia,ecc. : http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/week-end-da-ko-anche-prodi-grasso-mollano-renzi-459915.html
). La scomparsa del maggioritario e il tramonto del renzismo significherebbero
anche probabilmente la fine dell’eredità del Berlusconismo, di cui Renzi è
stato designato, a volte non senza ironia, come l’erede più diretto e la
reintroduzione della dialettica e del confronto politico vero, vale a dire del ruolo di quell’arte della
dialettica e del ruolo delle idee e della parola in luogo dei personalismi e
degli affarismi che hanno predominato sulla scena politica italiana degli
ultimi trentanni. Difficile, peraltro, ipotizzare che la Consulta possa
sconfessare con una sola pronuncia non solo la sua giurisprudenza precedente,
ma anche il voto referendario del 4 dicembre scorso con cui gli italiani si
sono espressi inequivocabilmente a favore di un recupero di quei valori
costituzionali che, contemplando la rappresentanza delle minoranze, non possono
che reggersi su principi proporzionali e, tuttavia, la pronuncia sul quesito
referendario sul jobs act della scorsa settimana ci ha abituato anche alle
sorprese, in quel caso però, bisogna evidenziare, che può aver contato non poco
anche il parere o il ruolo delle politiche europee ovvero come esse vengono
interpretate a casa nostra sotto il profilo delle pretese liberalizzazioni. Aspettando,
pertanto, l’attesa pronuncia, pur ricordando che la Corte Costituzionale viene
definita come organo politico-costituzionale e che è chiamata anche a
dare una lettura interpretativa attualizzatrice delle norme costituzionali, la
cosiddetta Costituzione vivente, raccordandola alle esigenze della società nel
preciso momento storico, rimane altrettanto ferma l’idea che il diritto, anche
quello costituzionale, non possa ridursi al ruolo di mera appendice o di ombra
delle esigenze delle segreterie di partito e ancor più che la giurisprudenza
costituzionale, per quanto mutevole, a seconda dei momenti e delle esigenze storiche,
debba mantenere un minimo di coerenza (http://www.finoaprovacontraria.it/politicizzazione-magistratura/). Così il principio di non contraddizione
ci permette di coltivare ancora una flebile speranza sulle sorti di questo
paese, compreso il fatto che, per il congresso di marzo, possano comparire
sulla scena politica anche nuove autorevoli candidature, sia alla segreteria che
al futuro premierato e, in tale ottica, non è da escludere che gli scenari
futuri possano anche condurre ragionevolmente ad una suddivisione delle
tempistiche e gradualizzazione delle scelte con le primarie e la partecipazione
popolare, cioè,detto in sintesi, nella scelta di una personalità per la
segreteria politica del partito democratico, nella fase di marzo, a cui segua, a
distanza, la consultazione delle primarie per la candidatura a premier alle
prossime elezioni politiche,anche per poter attenuare l’attrito politico e le
divisioni interne o pericoli di scissione che un confronto unificato e serrato
potrebbe comunque finire per favorire. Nel frattempo i tesserati e
simpatizzanti del partito democratico, nel perdurare della segreteria Renzi,
sembrano calare progressivamente sempre di più (http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/renzi-ha-distrutto-il-pd-crollo-degli-iscritti-sedi-chiuse-459849.html
), un segnale che sembra parlare da solo e che costituisce un dato certo di
fronte al quale ogni possibile dubbio o scrupolo a tutela del renzismo dovrebbe
venire meno, come abbiamo sottolineato già in un nostro precedente
articolo (http://gianfrancoferrari2013.blogspot.it/2017/01/insistere-ancora-con-la-candidatura.html).Nel frattempo,
sullo sfondo, già emergono le figure alternative di Gianni Cuperlo, l’uomo del
dialogo e del confronto, e di Michele Emiliano, il magistrato che si è battuto
a viso aperto contro Renzi in occasione della consultazione referendaria contro
le trivellazioni, e infine lo stesso governo di Gentiloni e Maria Elena Boschi
potrebbe avere le mani più libere e salire di ruolo e apprezzamento se, la
smania renziana di andare subìto al voto per tentare,a sua volta, disperatamente di recuperare
un ruolo, non lo tenesse in sospeso con
una spada di Damocle sulla testa,consentendo magari l’avanzata di una leadership alternativa
anche dalla compagine governativa ed un possibile recupero di consensi intorno al governo
e al partito democratico.
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