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lunedì 23 gennaio 2017

ALLA VIGILIA DELLA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ITALICUM LA POSSIBILE RESA DEI CONTI COL RENZISMO



E siamo arrivati così finalmente al 23 gennaio, la vigilia della data di udienza che dovrebbe chiudere il discorso sulla legittimità costituzionale dell’Italicum,la legge elettorale voluta da Matteo Renzi, avanti alla Corte Costituzionale. Appare chiaro che,se la Corte si saprà attenere alla sua giurisprudenza precedente, in particolare la sentenza n°1/2014, dovremmo assistere alla scomparsa del sistema elettorale maggioritario in Italia e si aprirebbero scenari verso la reintroduzione della rappresentanza proporzionale, mentre, per discostarsi da tale impostazione, dato che la citata sentenza parla di rappresentanza delle minoranze e quant’altro solo il proporzionale potrebbe garantire, la Corte dovrebbe svolgere una sorta di arret congruamente motivato per pronunciarsi diversamente,che, però, dopo il rigetto del quesito referendario della scorsa settimana proposto dai sindacati sul jobs act e che avrebbe potuto portare alla reviviscenza dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori, avrebbe più il sapore di una decisione dettata da ragioni politiche che giuridiche. La conseguenza politica della bocciatura dell’Italicum sarebbe infatti un ulteriore appannamento della leadership renziana all’interno del partito democratico, che rappresenterebbe l’unico cordone ombelicale di maggioranza relativa, e forse sempre più in bilico, con l’Unione Europa in un paese in cui stanno dilagando sempre più il malcontento e le formazioni antieuropeiste e per l’uscita dalla moneta unica. In sintesi una sentenza avversa alla legittimità costituzionale dell’Italicum significherebbe, molto probabilmente, che Matteo Renzi, pur potendo astrattamente rimanere segretario del partito democratico e pur potendo riproporsi per la segreteria al congresso di marzo,non potrebbe verosimilmente riproporre la sua candidatura a premier per le prossime elezioni nazionali con speranza di successo. Infatti, da Emiliano a Cuperlo, ecc. sono sempre più concrete le possibilità alternative anche per la stessa segreteria politica, come anche sembrano sempre più numerose le defezioni o le distanze dal sostegno di altre chances per chi ha già governato ben tre anni senza risolvere i problemi del paese ed anzi spesso aggravandoli (dal fronte del lavoro al fronte della giustizia,ecc. : http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/week-end-da-ko-anche-prodi-grasso-mollano-renzi-459915.html ). La scomparsa del maggioritario e il tramonto del renzismo significherebbero anche probabilmente la fine dell’eredità del Berlusconismo, di cui Renzi è stato designato, a volte non senza ironia, come l’erede più diretto e la reintroduzione della dialettica e del confronto politico vero, vale a dire del ruolo di quell’arte della dialettica e del ruolo delle idee e della parola in luogo dei personalismi e degli affarismi che hanno predominato sulla scena politica italiana degli ultimi trentanni. Difficile, peraltro, ipotizzare che la Consulta possa sconfessare con una sola pronuncia non solo la sua giurisprudenza precedente, ma anche il voto referendario del 4 dicembre scorso con cui gli italiani si sono espressi inequivocabilmente a favore di un recupero di quei valori costituzionali che, contemplando la rappresentanza delle minoranze, non possono che reggersi su principi proporzionali e, tuttavia, la pronuncia sul quesito referendario sul jobs act della scorsa settimana ci ha abituato anche alle sorprese, in quel caso però, bisogna evidenziare, che può aver contato non poco anche il parere o il ruolo delle politiche europee ovvero come esse vengono interpretate a casa nostra sotto il profilo delle pretese liberalizzazioni. Aspettando, pertanto, l’attesa pronuncia, pur ricordando che la Corte Costituzionale viene definita come organo politico-costituzionale e che è chiamata anche a dare una lettura interpretativa attualizzatrice delle norme costituzionali, la cosiddetta Costituzione vivente, raccordandola alle esigenze della società nel preciso momento storico, rimane altrettanto ferma l’idea che il diritto, anche quello costituzionale, non possa ridursi al ruolo di mera appendice o di ombra delle esigenze delle segreterie di partito e ancor più che la giurisprudenza costituzionale, per quanto mutevole, a seconda dei momenti e delle esigenze storiche, debba mantenere un minimo di coerenza (http://www.finoaprovacontraria.it/politicizzazione-magistratura/). Così il principio di non contraddizione ci permette di coltivare ancora una flebile speranza sulle sorti di questo paese, compreso il fatto che, per il congresso di marzo, possano comparire sulla scena politica anche nuove autorevoli candidature, sia alla segreteria che al futuro premierato e, in tale ottica, non è da escludere che gli scenari futuri possano anche condurre ragionevolmente ad una suddivisione delle tempistiche e gradualizzazione delle scelte con le primarie e la partecipazione popolare, cioè,detto in sintesi, nella scelta di una personalità per la segreteria politica del partito democratico, nella fase di marzo, a cui segua, a distanza, la consultazione delle primarie per la candidatura a premier alle prossime elezioni politiche,anche per poter attenuare l’attrito politico e le divisioni interne o pericoli di scissione che un confronto unificato e serrato potrebbe comunque finire per favorire. Nel frattempo i tesserati e simpatizzanti del partito democratico, nel perdurare della segreteria Renzi, sembrano calare progressivamente sempre di più (http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/renzi-ha-distrutto-il-pd-crollo-degli-iscritti-sedi-chiuse-459849.html ), un segnale che sembra parlare da solo e che costituisce un dato certo di fronte al quale ogni possibile dubbio o scrupolo a tutela del renzismo dovrebbe venire meno, come abbiamo sottolineato già in un nostro precedente articolo  (http://gianfrancoferrari2013.blogspot.it/2017/01/insistere-ancora-con-la-candidatura.html).Nel frattempo, sullo sfondo, già emergono le figure alternative di Gianni Cuperlo, l’uomo del dialogo e del confronto, e di Michele Emiliano, il magistrato che si è battuto a viso aperto contro Renzi in occasione della consultazione referendaria contro le trivellazioni, e infine lo stesso governo di Gentiloni e Maria Elena Boschi potrebbe avere le mani più libere e salire di ruolo e apprezzamento se, la smania renziana di andare subìto al voto per tentare,a sua volta, disperatamente di recuperare un ruolo, non  lo tenesse in sospeso con una spada di Damocle sulla testa,consentendo magari l’avanzata di una leadership alternativa anche dalla compagine governativa ed un possibile recupero di consensi intorno al governo e al partito democratico.




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